Ci risiamo l’autotrasporto è pronto nuovamente a disseppellire l’ascia di guerra, sullo sfondo della crisi, ormai sfociata in conflitto armato, fra Russia e Ucraina, i camionisti annunciano giornate di protesta fino a minacciare il fermo. La causa scatenante è sempre a stessa, il caro carburante e il mancato adeguamento delle tariffe chilometriche.

Le iniziative messe in campo dal governo attraverso il DL Energia, in tutto circa 80 milioni di euro, sembrano non soddisfare le richieste del settore anche se inizialmente, sono state accolte con favore dalle associazioni di categoria. Ed proprio la maggiore di queste Unatras che raccoglie alcune fra le più importanti sigle sindacali del settore a parlare per prima.

Costi insostenibili conviene stare fermi

Secondo un nota dell’Associazione il costante e ormai insostenibile aumento del costo del carburante ha determinato una situazione ingestibile per le imprese dell'autotrasporto italiano, che non riescono a farsi riconoscere dalla committenza i maggiori costi dovuti agli stessi aumenti. Quindi, come detto, a un aumento dei costi non corrisponde un aumento dei ricavi per le prestazioni e, quindi, si verifica un assottigliamento del guadagno che, come ricordiamo, nel caso del’autotrasporto, si aggira intorno al 3% del fatturato.

Secondo Unatras l’allarme è stato lanciato già da tempo ma, a quanto pare è rimasto inascoltato. Un avvisaglia di quanto potrebbe succedere a breve Con gli autotrasportatori che potrebbero decidere di fermarsi in maniera spontanea semplicemente perché non hanno più convenienza a muoversi e a lavorare. Quindi non un blocco organizzato ma una questione di sopravvivenza.

"La situazione è diventata drammatica –

avverte l'Unione delle associazioni dell'autotrasporto in Italia –

Continuando a tergiversare, il Governo si assume il rischio che nascano nuovamente iniziative spontanee di protesta, nonché la responsabilità di lasciare committenze senza rifornimenti. Le manifestazioni che si terranno il 19 marzo rappresentano il primo passo di una vertenza che, se malauguratamente restasse senza risposte, potrebbe sfociare in ulteriori e più incisive iniziative", conclude Unatras.

Basterebbe il 10% in più

A ribadire il concetto che serve un adeguamento delle tariffe arrivano anche le dichiarazioni di Claudio Villa presidente di Federtrasporti uno dei maggiori consorzi fra imprese di autotrasporto Italiani. Villa fa letteralmente i conti in tasca sia alle imprese sia alla committenza e di conseguenza ai consumatori stimando che, se le tariffe venissero aumentate del 10%, questo si rifletterebbe sui prezzi al consumo per lo 0,002%, una cifra infinitesimale che però la committenza non vuole rischiare di accollarsi.

Tra l’altro l’autotrasporto è l’unico comparto degli servizi di mobilità che non sottoscrive alcuna "fuel surcharge", cioè l’aumento automatico delle tariffe in base alle fluttuazioni dei costi di carburante. Un clausola che venisse impiegata ora corrisponderebbe a molto più del 10% di aumento delle tariffe di autotrasporto, visto che il gasolio dall’inizio del 2022 è aumentato del 15,2% e del 33% nell’ultimo anno.