Qualche tempo fa avevamo parlato di un tempesta perfetta che si stava abbattendo sull’autotrasporto italiano, a distanza di qualche mese la bufera non sembra essere passata anzi, se possibile, si sta espandendo a tutto il comparto della logistica.
A farne le spese sono ovviamente le aziende di trasporto, ma a breve le prime ripercussioni potrebbero anche arrivare al consumatore finale, specie se le aziende e la committenza non riusciranno più ad assorbire il maggiori costi di carburante e a far fronte alla carenza di autisti che ovviamente fa alzare i costi per le retribuzioni.
Chi assorbirà i costi del caro carburante?
Per capire a che punto siamo abbiamo parlato con Massimo Marciani, presidente di Freight Leaders Council un organismo associazionistico che raccoglie tutti i principali attori della filiera logistica, dalle aziende di autotrasporto alle case costruttrici fino alla committenza.
Partiamo subito dal problema più contingente: il costo dei carburanti e specie del gas naturale che, in assenza ancora di adeguamento dei costi chilometrici da parte del MIMS rischia, da un lato, di mandare in perdita le aziende di trasporto e dall'altro di ripercuotersi sui prezzi al dettaglio. Così esordisce Marciani.
Diciamo subito che le aziende associate a Federdistribuzione stanno facendo in modo di provare ad assorbire gli extra costi interiorizzandoli, in modo da non gravare sul consumatore, ma si tratta di una misura che non risolve il problema alla radice.
Una situazione di super domanda
Gia perché come ricordavamo anche nell’introduzione in questo momento ci troviamo in una situazione in cui la domanda di logistica eccede l’offerta. Una situazione che si è determinata con la fine del primo periodo pandemico e della conseguente ripresa, quando tutti gli attori della logistica hanno messo in campo più forze possibile per far ripartire la “macchina” e soddisfare l’imponente e repentina domanda che si era creata, ma questa ripresa si è andata a chiudere in un imbuto per effetto principalmente di tre fattori che ci illustra ancora Massimo Marciani:
"Il primo di questi è ovviamente il caro carburante e del gas in particolare che sta colpendo in misura maggiore tutti quegli operatori che già si erano mossi verso la decarbonizzazione. Una situazione abbastanza comune è quella vissuta da padroncini o aziende che per motivi di opportunità sono state invitate dalla committenza ad acquistare veicoli a LNG e ora si trovano con costi triplicati e tariffe bloccate. La seconda problematica è la mancanza di autisti, diverse aziende hanno veicoli fermi, il terzo aspetto è la scarsità di veicoli commerciali nuovi da acquistare i cui tempi di attesa per la consegna possono essere anche di14 e 16 mesi".
Ripensare la logistica e il suo costo nella filiera produttiva
Come abbiamo visto questa situazione critica si inserisce in un contesto un cui la logistica si stava rialzando dalla crisi e rilancia la necessità di un ripensamento del suo ruolo all’interno della filiera produttiva.
Quello che il settore chiede fortemente è che non venga più considerato a se stante ma che venga inserito nel conto di sostenibilità di una azienda; visto che la logistica non opera per se stessa, ma fa un servizio a soggetti terzi. Secondo Massimo Marciani si tratta di un passo fondamentale nel ritorno a una nuova normalità che rivedrà ri-localizzare alcune attività produttive.
"Ci siamo resi conto che le aziende, in questi anni, hanno spostato le produzioni sempre di più paesi dove la mano d’opera aveva costi minori, dove le normative ambientali erano più lasche, così come il rispetto di alcuni requisiti sociali. Dato che la logistica costava poco conveniva produrre un paio di jeans in Vietnam e farli arrivare in Europa e venderli magari in via Condotti a Roma.
La delocalizzazione spinta insieme all'affermarsi del modello just in time sono stati messi in discussione dall'emergenza COVID-19 perché non possono assicurare la resilienza dell'intero sistema economico. Quindi va ripensata tutta la catena dei flussi logistici ricollocando i siti produttivi e come Freigth Leaders Council ci stiamo battendo perché si inserisca nell’impronta ambientale di una azienda anche la logistica sia in fase di approvvigionamento di materia prima sia in fase distributiva del prodotto finito".
I trasportatori anello debole della catena
In questo contesto s'inserisce il mondo del trasporto che dal punto di vista dei costi è l’anello debole della catena logistica visto che sempre più spesso ha marginalità inferiori al 3% del fatturato e non è in grado di assorbire fluttuazioni così ampie dei costi come sta avvenendo ora con i carburanti, i pedaggi o il costo del lavoro. D’altra parte se si vuole mettere in piedi una massiccia politica di decarbonizzazione nel settore questa ha il bisogno del contributo importante di chi spedisce la merce: i veri beneficiari del servizio.
“È chiaro che chi ha maggiori marginalità si deve prendere in carico anche l’onere di assorbire queste fluttuazioni che sono peraltro stagionali.
Conclude Massimo Marciani.
"E, comunque, qualora queste condizioni non fossero in tutto o in parte assorbili sono nelle condizioni migliori per spiegare al consumatore il maggior costo del bene, dettato per esempio da un filiera logistica a basso impatto ambientale; come avviene, del resto, per il cibo biologico oppure per i prodotti che dichiarano di non sfruttare manodopera sottopagata. L'importante è che l’utente finale non percepisca un eventuale aumento come remunerazione per l’operatore logistico, cosa non vera perché, al massimo si tratterebbe di una copertura dell’extra costo".