Meno concorrenza, ma servizi meglio organizzati, aumento delle merci movimentati dalle aziende dell’Europa occidentale, crescita del fatturato e persino dell’occupazione. Il mondo delle imprese di trasporto fotografato dal volume “100 numeri per capire l’autotrasporto – Attori e Filiere” 2020 è sorprendentemente positivo anche se con qualche ombra.
Scritto da Deborah Appolloni, Umberto Cutolo e Maria Carla Sicilia ed edito da Federservice (Uomini e Trasporti), il libro presentato nelle sale del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti segue l'edizione del 2017 e mostra un interessante quadro congiunturale in cui emergono tendenze e fenomeni come la migrazione verso determinate forme societarie e il proliferare dei contratti di rete.
Servizi migliori con meno imprese
Se ha senso parlare di una sorta di "selezione naturale" anche tra le aziende, è esattamente questo che pare essere accaduto relativamente a quelle di trasporto, che a metà 2019 secondo i dati di Infocamere erano circa 90mila, contro le 100mila registrate nel 2014. Un -10% che tuttavia non sembrerebbe risultato della crisi perché quelle rimaste non si sono limitate a sopravvivere ma hanno intrapreso percorsi di consolidamento e sviluppo, migliorando sia i servizi sia il fatturato.
Fare rete paga
Uno degli strumenti più utilizzati per rafforzare le attività e rendere il lavoro più efficiente è la cooperazione: i cosiddetti “contratti di rete” sono aumentati di quasi 5 volte e vedono oltre 400 organizzazioni che hanno potuto da un lato specializzarsi in specifiche filiere e dall'altra offrire un servizio rapido e flessibile, una presenza capillare, movimentazioni più sostenibili e tracciabili.
Solo i “padroncini” soffrono
Nel giro d’affari complessivo del macro-settore logistico, che si attesta su 84,5 miliardi di euro, il trasporto pesa infatti per oltre il 50% e oltre la metà di questa quota (32%) è prodotto da società di capitali, aumentate nell'ultimo quinquennio di un 27% equivalente a quasi 4.600 nuove imprese, mentre i consorzi sono cresciuti del 7,5%.
Numericamente la maggioranza delle realtà (52%) resta rappresentata da ditte individuali o “padroncini”, che sono però anche i più vulnerabili: proprio questo comparto ha visto chiudere dal 2014 quasi 13mila attività.

Più lavoro ma meno autisti
Lo stato di relativa salute del settore si riflette nella ripresa dell’occupazione: malgrado le già citate chiusure, stando all’Albo dell’Autotrasporto dal 2014 ad oggi i lavoratori registrati sono passati da 307.000 a quasi 329.000.
Attenzione però, più lavoro non significa necessariamente più ricchezza: un problema che si riflette soprattutto sulla categoria degli autisti e in modo particolare in Italia, dove le imprese faticano a trovare conducenti e l’organico risulta inferiore alla richiesta di qualcosa come 15.000 persone. Con il "vivaio" dell'est agli sgoccioli, le aziende guardano agli autisti provenienti da Africa e Asia che tuttavia spesso necessitano di più formazione.
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Le merci tornano ad Ovest, Italia in ripresa
La tendenza negativa evidenziata tra questo decennio e il precedente, con lo spostamento del traffico commerciale verso l’europa dell’Est, sembra finalmente in procinto di invertirsi. Soprattutto per il nostro Paese, che dal 2008 al 2018, secondo i dati Eurostat, aveva visto calare il volume di merci trasportate da imprese nostrane calare da 1 miliardo e mezzo di tonnellate l’anno a poco più di 900 milioni, con una perdita del 40%.
Ebbene, nello stesso 2018, principali Paesi dell’area occidentale hanno rivisto crescere il loro giro d’affari sull’anno precedente con incrementi dell’1,2% in Germania, che rimane Leader, del 5,3% in Francia, del 4,6% in Spagna e dello 0,5% in Gran Bretagna. E l’Italia? Attualmente occupa il sesto posto, dietro la Polonia che dopo il boom dello scorso decennio, in cui è passata da 1 a 1,3 miliardi di tonnellate, ha visto nel 2018 un calo del 7,4% mentre il nostro Paese è cresciuto del 4%.