Il Volkswagen Transporter o "Bulli", così come il Maggiolino da cui deriva, è senz'altro uno dei modelli più sfruttati nel tempo come basi per varie trasformazioni, talvolta anche molto differenti e e difficili da ricondurre all'originale.

In mezzo a questi c'è anche un piccolo mezzo da lavoro proposto in Paesi come Messico, Turchia e Pakistan, che del Transporter, nella fattispecie T2, riprendeva l'essenza, ossia  la meccanica.

Il cuore del T2

L'esigenza che ha portato alla nascita di questo mezzo economico seppure capace va ricondotta alla crisi petrolifera degli Anni '70, che ha aumentato la domanda di mezzi poco assetati e poco costosi ma con buone capacità operative. Il Transporter aveva solo una parte di queste caratteristiche, perché la sua meccanica tuttodietro limitava un po' lo sfruttamento dello spazio e rendeva difficile costruirci sopra dei pick-up sufficientemente pratici.

Dunque, è stato progettato un modello essenziale, anche nello stile, che ne prendeva in prestito la meccanica, ossia il motore 1.6 boxer raffreddato ad aria da 50 CV e il cambio a 4 marce, ma li montava sotto la cabina, con trazione sulle ruote anteriori e un cassone dalla portata di 1 tonnellata.

Una rarità

Il modello era prodotto direttamente da Volkswagen, che lo offriva in kit di montaggio in Germania o come modello finito per i Paesi emergenti, in questo caso l'assemblaggio avveniva in Messico, nello stabilimento di Puebla che sfornava appunto anche il Transporter T2.

Nella seconda metà degli Anni '70, e più precisamente tra il '75 e il '79, ne sono stati costruiti appena 6.200 esemplari e oggi è piuttosto difficile trovare uno di questi veicoli ancora integro e marciante, malgrado la facilità di riparazione e i bassi costi di gestione gli abbiano assicurato una lunga carriera.

Il nome cambiava a seconda del Paese: nelle Filippine era conosciuto come "Trakbayan", che si traduce in "camion di campagna", mentre Indonesia, dove sfoggiava un design un po' differente, era noto come "Mitra", ovvero "partner".